Claudio Melchior è un professore di Sociologia dei processi culturali e comunicativi dell'Università di Udine e nella sua “confessabile” vita parallela di musicista aveva programmato per Halloween l'uscita online di un nuovo brano con l'etichetta New Model Label.
Ma il “dolcetto scherzetto” lo ha fatto il covid che come “il miliardo di cose da fare e da vedere” ha rinviato anche lo showcase di presentazione del progetto di questo autore pop dotato di una grande ironia e dalle sonorità electro rock con il look di professore di filosofia del post punk.
Lo abbiamo intervistato durante la registrazione di un live set nell'ex-maglificio di Muzzana del Turgnano ora trasformato in un coworking ad indirizzo artistico.
D. Questi sono momenti da tenere un bel lavoro a denti stretti (ride), quale esigenza espressiva ti porta a “spogliarti” del rigore accademico e calarti nella musica?
R. È un'esigenza vitale di creare e di comunicare. È proprio il bisogno di creare con le emozioni più profonde che si muovono dentro e buttarle fuori. Questa cosa ha accompagnato tutta la mia vita. Ho giocato con il teatro, con la radio, con mille cose. Oggi per me la musica è un modo di buttare fuori dall'anima quello che poi cerco di mettere nelle mie canzoni.
D. Ti ho visto in rete fare un brano del 1978 di Giorgio Gaber “Polli d'allevamento”. Vuoi dire che siamo vulnerabili? Nei tuoi testi c'è ironia ma anche molta disillusione. Dalla resistenza alla resilienza…
R. Ah già la famosa resilienza. Tutti la usano ‘sta parola e nessuno ha ancora capito che cavolo significhi… Gaber era arrabbiato in quell'album degli anni '70. Reagiva con la rabbia a un periodo pesante. L'ho rispolverato (indegnamente) proprio per riuscire a dare sfogo alla rabbia che questi tempi che stiamo vivendo mi creano dentro. Diciamo che più che resilienza è una forma di musicoterapia personale. E spero che presto torni anche il momento per l'ironia.
D. Nella tua professione, nell'incontro con i ragazzi, hai la possibilità di trovare molti argomenti da portare nelle canzoni. Qual'è il tema che andrebbe raccontato e che ora non trovi nella musica contemporanea? O è stato già raccontato tutto?
R. No, non credo sia stato raccontato tutto. Anche perché il mondo ti cambia sotto le dita e quindi ogni minuto c'è qualcosa di nuovo che ti cambia le carte in tavola e ti costringe a pensare. Piuttosto mi pare che la musica in questi anni non brilli dalla voglia di raccontare il mondo. Quasi tutti si adagiano nei generi e considerano il messaggio con qualcosa di inutile. Ci si lamenta che le persone non ascoltano più la musica con attenzione, al massimo come sottofondo: ma se non dici niente per forza che nessuno ti ascolta.
D. Se dovessimo ritornare per un attimo ai generi musicali la cifra “esistenziale” nella musica si accompagna bene a quello che definivamo “dark”, con sonorità scarne ed essenziali e dal punto di vista dell'immagine riflettere stili che si rifacevano al gotico vittoriano, ai “fantasmi” nei film etc.. Te la senti di collocarti in un genere musicale?
R. Guarda, io mi collocherei volentieri all'interno di un genere musicale, solo che non riesco a capire che genere faccio… È la verità, lo giuro, non riesco a guardare le mie canzoni con la necessaria distanza per uscire a inscatolarle dentro qualcosa. Di certo non parto dall'idea di un genere, parto da piccoli ritmi o microidee musicali che poi vado a incastrare e a far lievitare fino a che, quando sono fortunato, viene fuori la canzone. È tutto molto istintivo e non pianificato: quando inizio non so bene dove andrò a parare. Detto questo, faccio pop, Anche se, come dice più di qualcuno, un pop strano.
D. Sotto certi aspetti i tuoi brani mi ricordano Faust'ò che mi ha sempre colpito per il linguaggio diretto.
R. Beh, ti ringrazio, è un accostamento immeritato ma mi fa senz'altro piacere. Ho ascoltato molto Faust'ò, è senz'altro uno dei miei riferimenti. Per quanto riguarda il linguaggio, deve essere diretto. Altrimenti ci si gioca, non si comunica. I concetti devono essere chiari e taglienti, sennò le parole in una canzone diventano solo un altro strumento di accompagnamento. Niente di male, sia chiaro, ma se hai qualcosa da dire devi dirlo in modo chiaro.
D. Ti sei circondato di ottimi musicisti friulani tra Michele Pirona e Luca Franzolini…
R. Assolutamente sì! Michele e Luca, in modo molto diverso tra loro, sono due musicisti eccezionali. Poi ti sei dimenticato di Matteo Dainese, che ha messo le sue batterie e tutta la sua sapienza in studio di registrazione. E ce ne sono anche altri che stanno entrando nell'orbita e che collaboreranno ai pezzi nuovi: non faccio nomi perché finché non si fa non è bello, ma il lavoro sta crescendo. Collaborare con questi musicisti mi fa credere che forse la mia musica non fa del tutto schifo (ride).
D. Quindi che cosa presenti in questi giorni e cosa nei prossimi mesi?
R. Il 27 di novembre esce il mio nuovo brano, “Schivare la pioggia”, quello che doveva uscire a fine ottobre con lo showcase nell'ex-maglificio. È un pezzo per niente ironico che mi pare si accompagni bene al mood di questi nostri tempi. Appena riapriranno teatri e locali, speriamo per la primavera a questo punto, il mio obiettivo è quello di andare live, accompagnato da musicisti migliori di me, per far crescere il lavoro. E poi certo, il 2021 potrebbe essere un buon anno per arrischiare un secondo album…
Ecco i 5 video indicati da Claudio Melchior
Frank Zappa “- Muffin Man -” Live Palladium 1977
Giorgio Gaber – C'è solo la strada
Elio e le Storie Tese live a Lugano 2012
Battiato e Alice, Summer on a Solitary Beach
Claudio Melchior – Ho Molti Follower
@Stefano Buian